TERAMO – Aveva rifiutato di partecipare, ai danni dei contribuenti, al sistema delle false notifiche degli avvisi di morosità fiscale in voga nell’agenzia di riscossione tributi di Teramo dell’epoca – usanza aziendale alla quale aderiva tutto l’ufficio – e per questo l’unico impiegato "onesto" di quella sede, Anselmo P., è stato oggetto di sanzioni disciplinari e dell’ostilità dei colleghi nella completa indifferenza del datore di lavoro. La vicenda è venuta a galla in Cassazione che ha bollato come "del tutto illegittima" una simile "prassi". Consistente – spiega la sentenza 23772 depositata oggi dalla Sezione lavoro che si è occupata del caso – "nell’accertare l’irreperibilità dei destinatari delle notifiche attestando falsamente di essersi recato presso i contribuenti". Per questo lavoro fantasma, inoltre, l’intero corpo degli ufficiali di riscossione di Teramo – ha accertato la Corte di Appello de L’Aquila – percepiva un altrettanto "illegittimo lucro" per il compenso che veniva loro corrisposto "pur in assenza del compimento dell’attività notificatoria". Ad avviso della Suprema Corte, i giudici di secondo grado – contrariamente da quelli del Tribunale di Teramo che avevano ritenuto regolare questa procedura – hanno motivato "correttamente" e in modo "rispettoso dei principi giuridici" la responsabilità dell’agenzia di riscossione per la violazione della "tutela delle condizioni di lavoro". In pratica, "per non aver fatto nulla", nell’agenzia di Teramo, "per evitare che all’interno dei luoghi di lavoro si formasse tale prassi illegittima". Inoltre "era doveroso" il rifiuto di Anselmo P. "di adeguarsi a tali condotte illegittime", a fronte del "grave comportamento del datore di lavoro concretantesi nella falsità delle dichiarazioni che si pretendeva dagli agenti". D’accordo con la Corte aquilana, la Cassazione ha ritenuto responsabile la società di riscossione "per aver omesso di adottare le precauzioni al fine di evitare o ridurre lo stato di disagio, le manifestazioni di ostilità e l’isolamento di Anselmo P. determinato dal fatto che aveva manifestato il suo dissenso alla illegittima prassi". Aggiungono gli ermellini che l’integrità psicofisica dei lavoratori deve essere tutelata anche dai datori che "sono chiamati a spiegare servizi di rilevante interesse per la collettività". Resta tuttavia sospeso il risarcimento da 200mila euro, a carico del’agenzia di riscossione, per il 30% di invalidità derivante da danno permanente che la Corte di Appello aveva liquidato al messo mobbizzato perchè, secondo i supremi giudici, serve un esame più approfondito della documentazione medica. E’ stato comunque e definitivamente accertato l’andazzo irregolare delle notifiche fiscali in quel di Teramo e l’omessa tutela dell’unico dipendente corretto.
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